PER UN RESTAURO COMPLETO DEL NOTRO SISTEMA

L’originale in francese è apparso il 14 dicembre 2012, in La Croix

Riformare le banche? È certamente un’iniziativa eccellente, ma a qual fine in verità? Sicuramente al fine di separare i loro due tipi di attività: quelle che Lord Adair Turner – a capo della “Financial Services Authority”, il regolatore britannico dei mercati di capitali – distingueva come quelle “socialmente utili” e quelle che non lo sono. L’intento è lodevole se si tratta di proteggere le somme depositate presso le banche dai loro clienti contro le perdite che derivano dal loro uso a scopo speculativo. Ma ció ci obbliga ad interrogarci su cosa siano esattamente queste attività bancarie non “socialmente utili”: si accontentano forse d’essere “socialmente inutili” oppure sono francamente “socialmente dannose”?

Giova ricordare che le attività delle banche sono: 1) l’intermediazione, cioè il mettere in contatto un agente economico alla ricerca di prestiti con un altro, suscettibile di procurarglieli, 2) l’assicurazione, 3) l’organizzazione di un mercato primario degli strumenti del debito, dove sono emessi dei crediti, ovvero dove si prendono in prestito delle somme, 4) il mantenimento di un mercato secondario del debito, dove questi crediti possono essere comprati e venduti, 5) la speculazione.

Ora, le cose sono semplici: le prime quattro attività sono utili mentre la quinta è nociva. Chiaramente gli speculatori hanno da sempre preteso che la loro presenza è benefica per i mercati poiché vi “porta delle liquidità”, detto altrimenti, “del volume”. Ma l’argomento è specioso: la speculazione, ignorando le costrizioni imposte dai costi, sregola il meccanismo di formazione dei prezzi, in modo tale che se porta effettivamente della liquidità, ció è solo al livello dei prezzi “speculativi”, cioè disfunzionali.

Ritornare ad un divieto della speculazione, come ció vigeva in Francia fino al 1885, sarebbe dunque una cosa eccellente. Ma basterebbe questo a rimettere in moto la macchina economica? Purtroppo no, poiché nelle nostre società dove il patrimonio si ritrova concentrato su di una parte molto ridotta della popolazione, il potere d’acquisto della gran massa è troppo debole affinché l’insieme dei capitali disponibili possano essere investiti nella produzione. In conseguenza, l’unico uso possibile delle somme così liberate, a parte per l’acquisto di debito sovrano, sarebbe l’investimento in beni: beni fondiari, immobiliari, materie prime, il che sfocerebbe su di una straordinaria inflazione del prezzo dei medesimi, che accrescerebbe ulteriormente le disparità attuali nella ripartizione del patrimonio. I capitali rimessi nel mercato grazie ad una proibizione della speculazione dovrebbero dunque essere captati e consacrati al ristabilimento di una certa omogeneità nella ripartizione del patrimonio in seno alla popolazione. Il mezzo per raggiungere questo scopo (se si escludono guerre e rivoluzioni) è una rifusione del sistema monetario, simile all’operazione di Gutt dell’ottobre 1944 nel Belgio, quando, la moneta in corso essendo stata invalidata, ogni nucleo familiare aveva ricevuto in cambio dei biglietti in suo possesso una somma identica della nuova moneta, il sovrappiù essendo piazzato su di un conto bloccato e trasformato in prestito forzato.

Il nostro sistema monetario, messo in piedi nel 1944 a Bretton Woods, è scomparso nel 1971. Il compito prioritario è quello di ricostituirne uno. La pacificazione dell’economia che ne risulterà deve essere accompagnata da un nuovo modo di dividere la ricchezza creata. Affinché una società relativamente omogenea dal punto di vista della ripartizione del patrimonio possa mantenersi, occorre che la logica dell’interesse sia confinata a quel campo della produzione in cui gli interessi rappresentano una parte della ricchezza nuovamente creata, escludendo questa logica del campo del prestito per il consumo, che deve essere trattato, lui, per ció che è: un servizio sociale gratuito destinato a palliare una ripartizione squilibrata del patrimonio.

A quale conclusione ci conduce un progetto di riforma delle banche? All’inevitabile osservazione che il nostro sistema finanziario è a tal punto rovinato che se ci si accontenta di volerne riparare un settore isolato, è tutto l’insieme che sprofonda. E che ció che si tratta piuttosto di mettere in piedi è il suo completo restauro, dove è l’insieme dei suoi elementi che deve essere preso in considerazione, al fine di impedire che si rimetta in moto la “macchina concentra-ricchezze” il cui funzionamento conduce prima o poi alla paralisi dell’intero sistema economico e finanziario.

Tradotto dal francese da Alessio Moretti

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